mirtino
15-01-2008, 13:38
Se avete stomaco forte e avete 10min per leggervi una cosa recentissima, buttate giù 'sto mattone.. a voi, poi crederci o meno.. ma penso che alcuni, spero pochi, ci si possano immedesimare.......
Mi chiamo Riccardo Caria, ho 26 anni e vivo a Cagliari. Venerdì 11
> gennaio 2008, come spesso accade, ho deciso assieme ad un amico (Mattia
> Sanna, 21 anni, di Cagliari anche lui) di andare al cinema. Una serata
> qualsiasi. Finita la proiezione, io è Mattia decidiamo di andare a
> mangiare qualcosa prima di tornare a casa, visto che il giorno dopo
> avremmo dovuto studiare. La scelta, come sempre, cade sulla pizzeria
> Tre Archi in viale Diaz, anche perché avevamo saputo che altri amici si
> trovavano in quella zona. Tutto ciò accadeva poco dopo le 23. Arrivati
> nel luogo stabilito, la macchina viene parcheggiata nel parcheggio
> della banca CIS. La stessa sera a Cagliari era in programma una
> manifestazione davanti alla casa del governatore Renato Soru, per i
> fatti legati ai rifiuti campani direzionati verso la Sardegna. Non
> possiamo non sentire gli schiamazzi, vedere il dispiegamento di auto
> della polizia, notare il fumo proveniente dalla collinetta di viale
> Bonaria (dove abita il governatore). Incuriositi, decidiamo di
> avvicinarci un poco e vedere cosa realmente stia accadendo.
> Attraversiamo il parcheggio, che come ogni cagliaritano sa bene è molto
> grande, e arriviamo all’inizio di viale Bonaria. Qui ci sono tanto
> altri giovani e non, esponenti del mondo politico sardo, giornalisti,
> mezzi della polizia, e quant’altro. In una via laterale si notano i
> cassonetti rovesciati. Un lacrimogeno viene sparato, si sentono le
> detonazioni delle bombe carta, arriva qualche petardo; il gas inizia a
> riversarsi verso noi, quindi ci allontaniamo. Bisogna tenere ben
> presente che dal luogo in cui ci trovavamo noi (ai piedi della
> collinetta) non si vede la casa del governatore, quindi è ben facile
> immaginare quanto distanti fossimo dall’abitazione, luogo dove erano in
> atti scontri fra teppisti e forze dell’ordine. Attraversiamo nuovamente
> il parcheggio della banca CIS e ci fermiamo sul marciapiede che si
> trova di fronte alla “Sicurezza Notturna”, quindi in viale Diaz; di
> fatto siamo all’ingresso del parcheggio. Li non era accaduto nulla,
> siamo molto lontani dagli scontri, non ci sono teppisti e nemmeno
> persone, eccezion fatta per tre giovani che poco dopo si avvicinano
> dalle nostre parti; sono una ragazza e due ragazzi. Restiamo li a
> guardare, increduli, allibiti per quanto stava accadendo, dal momento
> che a Cagliari una cosa simile mai l’avevamo vista. Passano circa dieci
> minuti, siamo tra le 23,30 e le 23,45: da viale Diaz direzione viale
> Poetto arriva un Land Rover corazzato della polizia, una camionetta
> bella capiente. Subito dopo vediamo arrivare uno schieramento di 10-15
> agenti in assetto antisommossa, quindi con casco, scudo e manganello.
> Mattia mi dice “Guarda, arriva la polizia in tenuta. Stanno andando a
> prendere i teppisti. Finalmente!”. Io ricordo di aver pensato che
> siccome li non era in atto alcuno scontro, probabilmente la camionetta
> era entrata all’ingresso del parcheggio per prelevare gli agenti e
> portarli verso gli scontri. Poi da li tutto è successo velocemente, è
> difficile anche spiegarlo a parole. Gli agenti hanno accelerato il
> passo e sono corsi verso uno dei ragazzi che si trovavano a pochi metri
> da noi, lo hanno afferrato e hanno iniziato a trascinarlo verso la
> camionetta dandogli delle manganellate molto forti. La ragazza si
> dispera e grida “No, lasciatelo! E’ il mio ragazzo, non ha fatto
> nulla!”. Tempo due secondi e gli agenti le sono addosso, riservandole
> lo stesso trattamento che avevano avuto pochi secondi prima col suo
> ragazzo. Contemporaneamente afferrano e picchiano anche il terzo
> ragazzo. Ripeto, tutto ciò è successo molto velocemente, quindi non c’è
> nemmeno stato il tempo di pensare. E infatti io sul momento non capivo
> cosa stesse accadendo, mi sembrava impossibile. Istintivamente ho
> alzato le braccia in aria per dimostrare che ero li con intenzioni
> pacifiche, non ero una minaccia e non avevo fatto nulla. Anzi, a dirla
> tutta ero li per mangiare una pizza! Ma ciò non è valso a niente, visto
> che sono stato afferrato per il collo da un agente molto più alto e più
> grosso di me. Prontamente gli ho detto “Non ho fatto niente, non ho
> fatto niente, non c’entro nulla, ho la macchina parcheggiata qui!”. Non
> è servito a niente, l’uomo mi ha colpito col manganello e trascinato
> via, anche se non facevo resistenza per non peggiorare le cose. In
> compenso ho ricevuto degli insulti dall’agente, e mi intimava con delle
> bestemmie di camminare. Trascinandomi mi sbatte contro un palo e
> continua a spingermi per farmi andare verso la camionetta. Sul momento
> ho pensato che forse volevano soltanto fare dei controlli, che non ci
> avrebbero fatto altro male se non avessimo opposto alcuna resistenza,
> ma sulla soglia della camionetta ho capito che non sarebbe affatto
> andata così: i ragazzi prelevati prima di me iniziano ad essere presi a
> calci e a manganellate sempre più forti e frequenti, vola anche qualche
> sberla. A me succede la stessa cosa, prendo botte un po’ dappertutto e
> in particolar modo nella schiena. Gli insulti continuano senza sosta.
> Cercavo di spiegare le mie ragione, ma non vengo ascoltato da nessuno;
> anzi, si inferociscono ancora di più, se è possibile. Veniamo fatti
> sedere e cerco di restare calmo. Mattia non è più con me, non riesco a
> vederlo, penso che forse è riuscito ad andare via. Io mi auguro che sia
> andata così. Ma poco dopo viene portato anche lui sul mezzo e posso
> distinguere chiaramente almeno 5 agenti che si accaniscono sulla sua
> schiena con calci e manganellate. Salta subito all’occhio l’espressione
> di dolore sul suo volto. Lo afferro prontamente per un braccio e lo
> faccio sedere dietro di me, per metterlo un po’ al riparo. Si fa largo
> intanto la voce disperata della ragazza, che implora gli agenti di
> smetterla con la violenza. Gli agenti chiedono al poliziotto a bordo di
> restare a fare la guardia a noi e lui risponde affermativamente. La
> ragazza continua ad implorare perché cessino le botte. Il poliziotto è
> un ragazzo, sembra il più umano di tutti, ci dice che adesso c’è lui
> qui con noi e non verremo più picchiati. In effetti non ricordo di
> averlo visto picchiarci neppure prima. Senza pensarci mi alzo in piedi
> e inizio a spiegare all’agente che noi siamo brave persone, siamo li
> solo per mangiare qualcosa e non c’entriamo assolutamente nulla con gli
> scontri, abbiamo la macchina parcheggiata li vicino e siamo li per
> quello. Ricordo anche di avergli detto che io non sono un contestatore
> delle forze dell’ordine, che se la sono presa con le persone sbagliate.
> L’agente allora risponde che quando ci sono simili disordini dobbiamo
> fuggire via. Io allora gli ripeto nuovamente che siamo li soltanto per
> mangiare, che gli scontri sono avvenuti molto lontano dal punto in cui
> noi ci trovavamo e lo invito a guardare tutti i locali e le pizzerie
> che in effetti ci sono in viale Diaz. L’ho fatto perché gli agenti
> avevano un accento tipicamente romanesco, quindi ipotizzavo che
> potessero non conoscere bene quella zona della città. A quel punto
> anche gli altri ragazzi iniziano a parlare con l’agente, francamente
> non ricordo nemmeno cosa si sono detti, ma suppongo le stesse cose che
> avevo già detto io, più o meno. Nel frattempo fuori dalla camionetta
> inizia ad arrivare della gente, probabilmente allibita da quanto stava
> accadendo. Un signore si avvicina al finestrino e chiede all’agente se
> quello che stava accadendo fosse giusto, che noi avevamo ragione, che
> dovevano lasciarci andare. Ma noi non avevamo ragione, non eravamo li
> per avere ragione di qualcosa, eravamo li semplicemente per mangiare.
> Sta di fatto che l’agente fa passare pochi minuti, dopodichè chiama i
> colleghi, gli dice che siamo bravi ragazzi e che è il caso di farci
> scendere e mandare via. Inizio allora a chiedermi “Ma come, non ci
> controllano neppure i documenti? Eppure essere caricati su un mezzo
> equivale ad un arresto! Ci hanno arrestati senza una ragione,
> malmenati, umiliati e neppure fanno un accertamento?!”. Lascio a voi le
> valutazioni circa i miei diritti violati o meno. Comunque sia, le porte
> della camionetta si aprono e veniamo fatti scendere. Ma non con i modi
> di chi ha preso un granchio, bensì con calci, ulteriori manganellate,
> urla, minacce, e bestemmie che devono essere arrivate fino alla vicina
> basilica. Siamo fuori, ci allontaniamo da li. Scambiamo due veloci
> chiacchiere con i nostri compagni di sventura, dopodichè fuggiamo a
> razzo da li. Mattia rimugina di non aver preso il numero di targa, ma
> onestamente era impossibile farlo in quel clima. In ogni caso era l’
> unica camionetta in giro, sarebbe facile identificare i responsabili.
> Ci dirigiamo all’ufficio denunce di via Nuoro e li troviamo un ragazzo
> con la testa spaccata da una manganellata, accompagnato da un amico.
> Ora non voglio sbilanciarmi, ma neppure con tutta la fantasia di
> questo mondo quel ragazzo poteva passare per un delinquente. La serata
> si conclude così, con me e Mattia che ancora non riusciamo ancora a
> mettere a fuoco un avvenimento troppo assurdo per essere vero. Noi
> picchiati dalla polizia. Solo un’ora prima avrei preso per pazzo
> chiunque potesse dire una cosa simile. Il giorno dopo andiamo al pronto
> soccorso per farci visitare. Li conosciamo un uomo che è stato
> picchiato per aver cercato difendere la moglie, che immobile e senza
> motivo alcuno stava venendo manganellata selvaggiamente dagli agenti.
> La sera abbiamo conosciuto la moglie, ed era più bassa ed esile di me,
> che non sono certo un colosso. Al pronto soccorso accertano il
> pestaggio. La prognosi di Mattia è di 2 giorni, la mia di 3. La sera
> abbiamo parlato con un giornalista dell’Unione Sarda e abbiamo
> raccontato i fatti. Oggi, domenica 13 gennaio, sono usciti i nostri
> nomi in un trafiletto, ma non viene certo ben spiegata la dinamica dei
> fatti. Ho come l’impressione che la stampa stia facendo molta
> confusione su questa faccenda, selezionando quali notizie riportare e
> quali no. Si sostiene ad esempio che gli agenti abbiano semplicemente
> fatto un cordone davanti alla casa del governatore, ma la mia vicenda
> dimostra senza alcun dubbio che questo è falso, visto che noi siamo
> stati picchiati molto lontano da li. Si sostiene anche che alcuni
> partiti abbiano incoraggiato i disordini, ma chiunque fosse li non
> poteva non notare che gli attacchi erano rivolti alle forze dell’
> ordine. I teppisti erano degli ultrà e non avevano intenzione di
> assaltare casa Soru, bensì creare disordine e cercare lo scontro delle
> forze dell’ordine. Cosa che avviene sia se si verifica una
> manifestazione di questo genere, sia se l’Italia vince i mondiali. Era
> poi ben facile individuare i teppisti: avevano il volto coperto,
> colpivano e fuggivano. Mi chiedo come le forze dell’ordine possano aver
> colpito in maniera così indiscriminata pur essendo abituate ai
> tafferugli da stadio, dove i teppisti si riconoscono senza troppa
> fatica. Mi pare abbastanza logico che i teppisti fossero quelli a volto
> coperto che scappavano e non quelli a volto scoperto che restavano
> immobili perché innocenti e per permettere agli agenti di svolgere al
> meglio il loro dovere. La contestazione violenta non ha avuto
> assolutamente nulla di politico, io ho visto e posso assicurare che era
> un classico fenomeno di ultrà, al quale siamo tristemente abituati. Il
> questore parla di un finanziamento ai teppisti. Io non voglio fare
> valutazioni politiche, non è questo il senso della mia testimonianza;
> ma mi chiedo quale sia il nome e il cognome del fantomatico
> finanziatore: ho visto coi miei occhi molti esponenti del centrodestra,
> alcuni con le mogli e non credo le avrebbero portate se avessero saputo
> cosa doveva accadere. Allo stesso modo è assurdo pensare che il
> finanziamento provenga dal centrosinistra, non avrebbe senso. Quindi
> chi? Forse il presidente Cellino voleva togliere di mezzo un
> personaggio più popolare di lui? O più semplicemente il questore non sa
> come giustificare quello che hanno fatto i suoi uomini? Questa
> testimonianza è fatta per farvi capire cosa veramente è successo
> venerdì notte. Certo, qualcuno dubiterà, qualcuno penserà che se la
> polizia mi ha fatto quello che mi ha fatto evidentemente me la devo
> essere cercata in qualche modo. Ma la verità è questa, le cose sono
> andate così ed è questo che dovrebbero dire i giornali e non fanno.
> Sono pronto a querelare la polizia e a combattere in tutte le sedi e in
> tutti i modi, non tanto per il pestaggio squadrista che ho subito, ma
> perché mi sento profondamente umiliato da questo abuso di potere,
> trattato come un teppista e mandato via a calci, calpestando in ogni
> modo la mia dignità. Il presidente Soru tira in ballo la solidarietà
> citando la costituzione. Dovrebbe però ricordarsi che la costituzione
> garantisce anche i diritti fondamentali dell’uomo e questi sono stati
> calpestati in un modo che fa invidia ad una dittatura. Non ce l’ho con
> i poliziotti, come ho detto sono sempre stato dalla loro parte e sono
> fermamente convinto che facciano il loro dovere eseguendo gli ordini.
> Il problema è chi questi ordini li impartisce. In linea di massima le
> disposizioni hanno carattere nazionale, poi a livello regionale si
> decide meglio come attuarle. Quindi se volete si può vedere un concorso
> di colpe tra poteri tanto facili da individuare che eviterò di citarli.
> Questa testimonianza spero abbia la massima diffusione in modo che
> tutti possano conoscere i fatti di quel venerdì. Non ci sono
> valutazioni politiche, non è nemmeno questione se sia giusto o no
> portare l'immondizia altrui in casa nostra. Il punto è che chi ci
> dovrebbe proteggere ci ha massacrato di botte senza una ragione. Non
> possono però tapparci la bocca e la diffusione via internet credo sia
> il metodo più efficace, quindi faccio affidamento su ognuno di voi,
> ringraziandovi anticipatamente.
>
> Riccardo Caria, noto Ricky.
Mi chiamo Riccardo Caria, ho 26 anni e vivo a Cagliari. Venerdì 11
> gennaio 2008, come spesso accade, ho deciso assieme ad un amico (Mattia
> Sanna, 21 anni, di Cagliari anche lui) di andare al cinema. Una serata
> qualsiasi. Finita la proiezione, io è Mattia decidiamo di andare a
> mangiare qualcosa prima di tornare a casa, visto che il giorno dopo
> avremmo dovuto studiare. La scelta, come sempre, cade sulla pizzeria
> Tre Archi in viale Diaz, anche perché avevamo saputo che altri amici si
> trovavano in quella zona. Tutto ciò accadeva poco dopo le 23. Arrivati
> nel luogo stabilito, la macchina viene parcheggiata nel parcheggio
> della banca CIS. La stessa sera a Cagliari era in programma una
> manifestazione davanti alla casa del governatore Renato Soru, per i
> fatti legati ai rifiuti campani direzionati verso la Sardegna. Non
> possiamo non sentire gli schiamazzi, vedere il dispiegamento di auto
> della polizia, notare il fumo proveniente dalla collinetta di viale
> Bonaria (dove abita il governatore). Incuriositi, decidiamo di
> avvicinarci un poco e vedere cosa realmente stia accadendo.
> Attraversiamo il parcheggio, che come ogni cagliaritano sa bene è molto
> grande, e arriviamo all’inizio di viale Bonaria. Qui ci sono tanto
> altri giovani e non, esponenti del mondo politico sardo, giornalisti,
> mezzi della polizia, e quant’altro. In una via laterale si notano i
> cassonetti rovesciati. Un lacrimogeno viene sparato, si sentono le
> detonazioni delle bombe carta, arriva qualche petardo; il gas inizia a
> riversarsi verso noi, quindi ci allontaniamo. Bisogna tenere ben
> presente che dal luogo in cui ci trovavamo noi (ai piedi della
> collinetta) non si vede la casa del governatore, quindi è ben facile
> immaginare quanto distanti fossimo dall’abitazione, luogo dove erano in
> atti scontri fra teppisti e forze dell’ordine. Attraversiamo nuovamente
> il parcheggio della banca CIS e ci fermiamo sul marciapiede che si
> trova di fronte alla “Sicurezza Notturna”, quindi in viale Diaz; di
> fatto siamo all’ingresso del parcheggio. Li non era accaduto nulla,
> siamo molto lontani dagli scontri, non ci sono teppisti e nemmeno
> persone, eccezion fatta per tre giovani che poco dopo si avvicinano
> dalle nostre parti; sono una ragazza e due ragazzi. Restiamo li a
> guardare, increduli, allibiti per quanto stava accadendo, dal momento
> che a Cagliari una cosa simile mai l’avevamo vista. Passano circa dieci
> minuti, siamo tra le 23,30 e le 23,45: da viale Diaz direzione viale
> Poetto arriva un Land Rover corazzato della polizia, una camionetta
> bella capiente. Subito dopo vediamo arrivare uno schieramento di 10-15
> agenti in assetto antisommossa, quindi con casco, scudo e manganello.
> Mattia mi dice “Guarda, arriva la polizia in tenuta. Stanno andando a
> prendere i teppisti. Finalmente!”. Io ricordo di aver pensato che
> siccome li non era in atto alcuno scontro, probabilmente la camionetta
> era entrata all’ingresso del parcheggio per prelevare gli agenti e
> portarli verso gli scontri. Poi da li tutto è successo velocemente, è
> difficile anche spiegarlo a parole. Gli agenti hanno accelerato il
> passo e sono corsi verso uno dei ragazzi che si trovavano a pochi metri
> da noi, lo hanno afferrato e hanno iniziato a trascinarlo verso la
> camionetta dandogli delle manganellate molto forti. La ragazza si
> dispera e grida “No, lasciatelo! E’ il mio ragazzo, non ha fatto
> nulla!”. Tempo due secondi e gli agenti le sono addosso, riservandole
> lo stesso trattamento che avevano avuto pochi secondi prima col suo
> ragazzo. Contemporaneamente afferrano e picchiano anche il terzo
> ragazzo. Ripeto, tutto ciò è successo molto velocemente, quindi non c’è
> nemmeno stato il tempo di pensare. E infatti io sul momento non capivo
> cosa stesse accadendo, mi sembrava impossibile. Istintivamente ho
> alzato le braccia in aria per dimostrare che ero li con intenzioni
> pacifiche, non ero una minaccia e non avevo fatto nulla. Anzi, a dirla
> tutta ero li per mangiare una pizza! Ma ciò non è valso a niente, visto
> che sono stato afferrato per il collo da un agente molto più alto e più
> grosso di me. Prontamente gli ho detto “Non ho fatto niente, non ho
> fatto niente, non c’entro nulla, ho la macchina parcheggiata qui!”. Non
> è servito a niente, l’uomo mi ha colpito col manganello e trascinato
> via, anche se non facevo resistenza per non peggiorare le cose. In
> compenso ho ricevuto degli insulti dall’agente, e mi intimava con delle
> bestemmie di camminare. Trascinandomi mi sbatte contro un palo e
> continua a spingermi per farmi andare verso la camionetta. Sul momento
> ho pensato che forse volevano soltanto fare dei controlli, che non ci
> avrebbero fatto altro male se non avessimo opposto alcuna resistenza,
> ma sulla soglia della camionetta ho capito che non sarebbe affatto
> andata così: i ragazzi prelevati prima di me iniziano ad essere presi a
> calci e a manganellate sempre più forti e frequenti, vola anche qualche
> sberla. A me succede la stessa cosa, prendo botte un po’ dappertutto e
> in particolar modo nella schiena. Gli insulti continuano senza sosta.
> Cercavo di spiegare le mie ragione, ma non vengo ascoltato da nessuno;
> anzi, si inferociscono ancora di più, se è possibile. Veniamo fatti
> sedere e cerco di restare calmo. Mattia non è più con me, non riesco a
> vederlo, penso che forse è riuscito ad andare via. Io mi auguro che sia
> andata così. Ma poco dopo viene portato anche lui sul mezzo e posso
> distinguere chiaramente almeno 5 agenti che si accaniscono sulla sua
> schiena con calci e manganellate. Salta subito all’occhio l’espressione
> di dolore sul suo volto. Lo afferro prontamente per un braccio e lo
> faccio sedere dietro di me, per metterlo un po’ al riparo. Si fa largo
> intanto la voce disperata della ragazza, che implora gli agenti di
> smetterla con la violenza. Gli agenti chiedono al poliziotto a bordo di
> restare a fare la guardia a noi e lui risponde affermativamente. La
> ragazza continua ad implorare perché cessino le botte. Il poliziotto è
> un ragazzo, sembra il più umano di tutti, ci dice che adesso c’è lui
> qui con noi e non verremo più picchiati. In effetti non ricordo di
> averlo visto picchiarci neppure prima. Senza pensarci mi alzo in piedi
> e inizio a spiegare all’agente che noi siamo brave persone, siamo li
> solo per mangiare qualcosa e non c’entriamo assolutamente nulla con gli
> scontri, abbiamo la macchina parcheggiata li vicino e siamo li per
> quello. Ricordo anche di avergli detto che io non sono un contestatore
> delle forze dell’ordine, che se la sono presa con le persone sbagliate.
> L’agente allora risponde che quando ci sono simili disordini dobbiamo
> fuggire via. Io allora gli ripeto nuovamente che siamo li soltanto per
> mangiare, che gli scontri sono avvenuti molto lontano dal punto in cui
> noi ci trovavamo e lo invito a guardare tutti i locali e le pizzerie
> che in effetti ci sono in viale Diaz. L’ho fatto perché gli agenti
> avevano un accento tipicamente romanesco, quindi ipotizzavo che
> potessero non conoscere bene quella zona della città. A quel punto
> anche gli altri ragazzi iniziano a parlare con l’agente, francamente
> non ricordo nemmeno cosa si sono detti, ma suppongo le stesse cose che
> avevo già detto io, più o meno. Nel frattempo fuori dalla camionetta
> inizia ad arrivare della gente, probabilmente allibita da quanto stava
> accadendo. Un signore si avvicina al finestrino e chiede all’agente se
> quello che stava accadendo fosse giusto, che noi avevamo ragione, che
> dovevano lasciarci andare. Ma noi non avevamo ragione, non eravamo li
> per avere ragione di qualcosa, eravamo li semplicemente per mangiare.
> Sta di fatto che l’agente fa passare pochi minuti, dopodichè chiama i
> colleghi, gli dice che siamo bravi ragazzi e che è il caso di farci
> scendere e mandare via. Inizio allora a chiedermi “Ma come, non ci
> controllano neppure i documenti? Eppure essere caricati su un mezzo
> equivale ad un arresto! Ci hanno arrestati senza una ragione,
> malmenati, umiliati e neppure fanno un accertamento?!”. Lascio a voi le
> valutazioni circa i miei diritti violati o meno. Comunque sia, le porte
> della camionetta si aprono e veniamo fatti scendere. Ma non con i modi
> di chi ha preso un granchio, bensì con calci, ulteriori manganellate,
> urla, minacce, e bestemmie che devono essere arrivate fino alla vicina
> basilica. Siamo fuori, ci allontaniamo da li. Scambiamo due veloci
> chiacchiere con i nostri compagni di sventura, dopodichè fuggiamo a
> razzo da li. Mattia rimugina di non aver preso il numero di targa, ma
> onestamente era impossibile farlo in quel clima. In ogni caso era l’
> unica camionetta in giro, sarebbe facile identificare i responsabili.
> Ci dirigiamo all’ufficio denunce di via Nuoro e li troviamo un ragazzo
> con la testa spaccata da una manganellata, accompagnato da un amico.
> Ora non voglio sbilanciarmi, ma neppure con tutta la fantasia di
> questo mondo quel ragazzo poteva passare per un delinquente. La serata
> si conclude così, con me e Mattia che ancora non riusciamo ancora a
> mettere a fuoco un avvenimento troppo assurdo per essere vero. Noi
> picchiati dalla polizia. Solo un’ora prima avrei preso per pazzo
> chiunque potesse dire una cosa simile. Il giorno dopo andiamo al pronto
> soccorso per farci visitare. Li conosciamo un uomo che è stato
> picchiato per aver cercato difendere la moglie, che immobile e senza
> motivo alcuno stava venendo manganellata selvaggiamente dagli agenti.
> La sera abbiamo conosciuto la moglie, ed era più bassa ed esile di me,
> che non sono certo un colosso. Al pronto soccorso accertano il
> pestaggio. La prognosi di Mattia è di 2 giorni, la mia di 3. La sera
> abbiamo parlato con un giornalista dell’Unione Sarda e abbiamo
> raccontato i fatti. Oggi, domenica 13 gennaio, sono usciti i nostri
> nomi in un trafiletto, ma non viene certo ben spiegata la dinamica dei
> fatti. Ho come l’impressione che la stampa stia facendo molta
> confusione su questa faccenda, selezionando quali notizie riportare e
> quali no. Si sostiene ad esempio che gli agenti abbiano semplicemente
> fatto un cordone davanti alla casa del governatore, ma la mia vicenda
> dimostra senza alcun dubbio che questo è falso, visto che noi siamo
> stati picchiati molto lontano da li. Si sostiene anche che alcuni
> partiti abbiano incoraggiato i disordini, ma chiunque fosse li non
> poteva non notare che gli attacchi erano rivolti alle forze dell’
> ordine. I teppisti erano degli ultrà e non avevano intenzione di
> assaltare casa Soru, bensì creare disordine e cercare lo scontro delle
> forze dell’ordine. Cosa che avviene sia se si verifica una
> manifestazione di questo genere, sia se l’Italia vince i mondiali. Era
> poi ben facile individuare i teppisti: avevano il volto coperto,
> colpivano e fuggivano. Mi chiedo come le forze dell’ordine possano aver
> colpito in maniera così indiscriminata pur essendo abituate ai
> tafferugli da stadio, dove i teppisti si riconoscono senza troppa
> fatica. Mi pare abbastanza logico che i teppisti fossero quelli a volto
> coperto che scappavano e non quelli a volto scoperto che restavano
> immobili perché innocenti e per permettere agli agenti di svolgere al
> meglio il loro dovere. La contestazione violenta non ha avuto
> assolutamente nulla di politico, io ho visto e posso assicurare che era
> un classico fenomeno di ultrà, al quale siamo tristemente abituati. Il
> questore parla di un finanziamento ai teppisti. Io non voglio fare
> valutazioni politiche, non è questo il senso della mia testimonianza;
> ma mi chiedo quale sia il nome e il cognome del fantomatico
> finanziatore: ho visto coi miei occhi molti esponenti del centrodestra,
> alcuni con le mogli e non credo le avrebbero portate se avessero saputo
> cosa doveva accadere. Allo stesso modo è assurdo pensare che il
> finanziamento provenga dal centrosinistra, non avrebbe senso. Quindi
> chi? Forse il presidente Cellino voleva togliere di mezzo un
> personaggio più popolare di lui? O più semplicemente il questore non sa
> come giustificare quello che hanno fatto i suoi uomini? Questa
> testimonianza è fatta per farvi capire cosa veramente è successo
> venerdì notte. Certo, qualcuno dubiterà, qualcuno penserà che se la
> polizia mi ha fatto quello che mi ha fatto evidentemente me la devo
> essere cercata in qualche modo. Ma la verità è questa, le cose sono
> andate così ed è questo che dovrebbero dire i giornali e non fanno.
> Sono pronto a querelare la polizia e a combattere in tutte le sedi e in
> tutti i modi, non tanto per il pestaggio squadrista che ho subito, ma
> perché mi sento profondamente umiliato da questo abuso di potere,
> trattato come un teppista e mandato via a calci, calpestando in ogni
> modo la mia dignità. Il presidente Soru tira in ballo la solidarietà
> citando la costituzione. Dovrebbe però ricordarsi che la costituzione
> garantisce anche i diritti fondamentali dell’uomo e questi sono stati
> calpestati in un modo che fa invidia ad una dittatura. Non ce l’ho con
> i poliziotti, come ho detto sono sempre stato dalla loro parte e sono
> fermamente convinto che facciano il loro dovere eseguendo gli ordini.
> Il problema è chi questi ordini li impartisce. In linea di massima le
> disposizioni hanno carattere nazionale, poi a livello regionale si
> decide meglio come attuarle. Quindi se volete si può vedere un concorso
> di colpe tra poteri tanto facili da individuare che eviterò di citarli.
> Questa testimonianza spero abbia la massima diffusione in modo che
> tutti possano conoscere i fatti di quel venerdì. Non ci sono
> valutazioni politiche, non è nemmeno questione se sia giusto o no
> portare l'immondizia altrui in casa nostra. Il punto è che chi ci
> dovrebbe proteggere ci ha massacrato di botte senza una ragione. Non
> possono però tapparci la bocca e la diffusione via internet credo sia
> il metodo più efficace, quindi faccio affidamento su ognuno di voi,
> ringraziandovi anticipatamente.
>
> Riccardo Caria, noto Ricky.